La normativa sulle carte revolving
La storia delle carte di credito revolving affonda le proprie radici nella prima metà del secolo scorso. Nel 1951, la Franklin National Bank emise una “change card” rotativa che può a buon diritto essere considerata come un’antesignana delle moderne carte elettroniche, seguita nel 1958 dalla più evoluta Bankamericard della Bank of America, riservata esclusivamente allo Stato della California. In Italia, la diffusione delle carte revolving è iniziata in sordina soltanto cinquant’anni dopo, agli inizi del nuovo millennio, tanto che per trovare sul mercato la prima offerta dedicata espressamente alle aziende bisogna aspettare sino al 2003, con la “Bpm CartaSi business rateale” emessa sul circuito Mastercard. Da allora, però, si è registrato uno sviluppo rapidissimo di questa peculiare tipologia di monetica: gli operatori si sono andati moltiplicando e il mercato è cresciuto secondo una progressione quasi geometrica.
La storia e la normativa delle carte di credito revolving in Italia sono strettamente connesse; nonostante il ritardo accumulato rispetto alle più evolute controparti statunitensi, infatti, le linee di credito rotative varate dalle banche e dalle società finanziarie vanno a innestarsi su una giurisprudenza ben consolidata nel nostro Paese. Le norme di riferimento, infatti, sono le stesse del credito al consumo, che trova le proprie basi negli artt. 121-128 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Decreto legislativo 385 del primo settembre 1993) e nel decreto del ministero del Tesoro dell’8 luglio 1992. Importanti, per le transazioni elettroniche, anche le leggi in tutela della privacy degli utenti (Dlgs 196 del 2003), mentre i tassi di interesse applicati per la rateizzazione degli acquisti tramite carta di credito revolving non possono superare i limiti stabiliti dalla normativa anti-usura (legge 108 del 1996).